«Se l’esperienza estetica è un'esperienza sociale, pare proprio che per emergere e manifestarsi siano necessarie alcune componenti, come l'artista creatore, l'opera o artefatto, un osservatore, una narrazione del proprio sentimento dell'emozione vissuta che quell’osservatore fa, e un ascoltatore che si fa raggiungere da quella narrazione. Cosicché l'arte e l'esperienza estetica connettono le menti e il mondo.» (V. Gallese – U. Morelli, Cosa significa essere umani? Corpo, cervello e relazione per vivere nel presente, Raffaello Cortina Editore, 2024) La natura relazionale dell’arte è messa a fuoco da studi di più ambiti disciplinari, tra cui quello neuroscientifico e psicologico da cui è tratta la citazione. Una consapevolezza che, memorabilmente, fa dire alla protagonista del film Il pranzo di Babette (del 1987, diretto da G. Axel): «un artista non è mai povero».
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In un mondo in cui la dimensione relazionale è in crisi, rispetto a questo l’educazione all’estetica e all’arte può avere un particolare ruolo costruttivo?
